“Essere genitore è il mestiere più difficile del mondo”, quante volte hai sentito questa frase?
Purtroppo non esiste una laurea in genitorialità e sfido chiunque a non averla desiderata. Il senso di inadeguatezza accompagna la vita di ogni genitore e cresce ogni volta che si relaziona con una nuova fase di vita del piccolo ESSERE UMANO.
Saper comprendere e interpretare i bisogni dei propri figli, imparare a comunicare in un modo efficace e agire con comportamenti funzionali è una scommessa, un lancio di dadi che si TENTA nell’attesa del risultato sperato. Si va avanti alla cieca, per tentativi: a volte si imita il modello della propria famiglia d’origine, altre volte se ne struttura uno che è l’esatto contrario, infine si può cercare il giusto equilibrio tra queste due strategie.
Le EMOZIONI guidano le interazioni tra genitore e figlio.
La paura di perdere la relazione, il timore di non essere riconosciuti come autorità e il costante pensiero di non essere all’altezza. A volte sarebbe meno sfidante entrare in un bosco di notte piuttosto che affrontare i momenti cruciali di vita dei propri figli. Un genitore può vedere il proprio figlio come una statua di cristallo da proteggere o come un cavallo imbizzarrito da addomesticare.
In questi casi tenderà ad agire con l’unico scopo di non fallire mettendo in atto le proprie migliori intenzioni.
“Metterci tutte le BUONE intenzioni” innesca un gioco a perdere nella RELAZIONE.
Da una parte ci sono le proprie aspettative e dall’altra la realtà, infatti quello che ritorna indietro dai comportamenti dei figli non è aderente a ciò che si spera.
Quante volte avrete detto:
“Ma come l’ho fatto per te e tu…”
“Un giorno capirai che così è giusto per te”
“Fai come vuoi”
“Io faccio tante rinunce per te e tu mi ripaghi così!”
“Tu non puoi sapere cosa è meglio per te, io sì!”
“È pericoloso e io ti devo proteggere! Non se ne parla…”
“Perché NO e basta!”
Agire con le migliori intenzioni, porta a sottovalutare molte variabili dunque in realtà si tenta e ritenta di applicare sempre la stessa strategia.
Questo accade perché l’essere umano non è originale e spesso nemmeno troppo intraprendente.
Lo dice la scienza: il nostro cervello lavora a risparmio energetico, riproduce l’80% dei pensieri formulati il giorno precedente quindi penserà e farà le stesse cose in modo automatico, consolidando un equilibrio senza discernere se funzionale o meno.
Le abitudini sono neuro-connessioni ben strutturate nel nostro cervello: le connessioni neurali tra gli assoni possono essere come piccoli filamenti di congiunzione, oppure collegamenti spessi come una corda difficili da modificare senza sforzo, quindi per tutti è molto più semplice replicare un comportamento che applichiamo senza pensare.
E se questo concetto lo applicassimo a pensieri, comportamenti e abitudini di una famiglia dove ci sono interazioni tra più persone la situazione a medio lungo termine secondo voi migliorerà o peggiorerà?
Come diceva Einstein “Follia è fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi”.
LA FAMIGLIA RETE
Le buone intenzioni di un genitore applicate più e più volte nella relazione col figlio creano una rete che ne blocca la crescita, la maturazione e l’evoluzione. I figli di queste famiglie saranno insicuri o incuranti delle regole, ansiosi o non in grado di gestire le prove che la vita inevitabilmente gli presenterà.
Questo perché negare ai figli di sperimentare autonomamente la realtà, togliendo rapidamente ogni sasso dal loro cammino, non farà altro che renderli fragili, così come la totale assenza di un riferimento genitoriale autorevole crescerà figli incapaci di muoversi nella società: saranno come un fiume che senza argini non arriverà mai al mare. La famiglia non si discosta da altri sistemi esistenti in natura.
Un sistema che abbia trovato un equilibrio, resiste agli stimoli di cambiamento.
OMEOSTASI:
In biologia, l’attitudine propria degli organismi viventi a conservare le proprie caratteristiche al variare delle condizioni esterne dell’ambiente tramite meccanismi di autoregolazione.
Stare fermi richiede un numero limitato di risorse, invece, cambiare significa andare contro le proprie abitudini e affrontare emozioni difficili da gestire nello specifico caso del sistema famiglia.
Spesso non si sa in che modo cambiare, quale strategia adottare, quale direzione intraprendere e soprattutto quali i rischi di impatto sul sistema di interazione e relazione possono verificarsi. Altra possibilità, si saprebbe cosa fare, ma non lo si mette in campo per sufficiente tempo, si molla alla prima difficoltà e si ricade nel vecchio schema di interazione.
I problemi esistenti nella Famiglia Rete vengono autoalimentati da comportamenti disfunzionali che sono intrapresi proprio per risolverli.
Quando pensiamo di fare il più grande gesto d’amore prestando continuo aiuto, in realtà si sta dicendo: “faccio io, tu non sei in grado” e questa comunicazione subliminale rende davvero i figli incapaci.
Un figlio ha necessità di “allenarsi” quotidianamente a gestire le difficoltà alla portata dell’età in corso per poter diventare un adulto resiliente alle difficoltà della vita. È come iscrivere il proprio figlio alla maratona di New York dopo averlo tenuto nel passeggino fino al giorno prima.
Al contrario essere genitori autoritari che impongono scelte, decisioni o comportamenti non condivisi dal figlio creano una sottomissione che genera o frustrazione o dipendenza e in entrambi i casi il risultato sarà comunque un adulto non abituato all’interazione autonoma e funzionale.
IL CAMBIAMENTO DALLA FAMIGLIA RETE ALLA FAMIGLIA TRAMPOLINO
Molto diffuso è generalizzare che i problemi con i figli sono una condizione inevitabile e questo crea la rassegnazione e l’impossibilità di risolverli.
Ci si lamenta delle difficoltà, ci si abitua a una routine sotto stress che impatta a 360 gradi sulla vita di genitori e figli. Si vive subendo senza darsi la possibilità di cambiare quello che non è funzionale, prima tra tutto il punto di vista sul problema. Può non essere semplice creare una relazione sana e costruttiva ma la buona notizia è che è possibile.
Il primo passo è comprendere le dinamiche di relazione cioè come funziona l’interazione genitore-figlio.
Scoperto di cosa si nutre il problema sarà più facile metterlo a dieta.
Quali comportamenti del genitore e del figlio indicheranno che la relazione è sana e funzionale?
Scegliere il porto di destinazione per un’imbarcazione ne determina la rotta e la scelta degli approvvigionamenti necessari per il viaggio.
Da quali nuovi comportamenti capirò di aver creato la relazione che desidero?
Avere indicatori precisi ci da la possibilità di misurare i progressi, così come da neonati si misurava la crescita per valutare se il nutrimento fosse adeguato o se dovesse essere integrato.
Il risultato finale è migliorativo per tutti?
Il cambiamento anche di un solo soggetto nell’interazione (in questo caso il genitore) crea cambiamento in tutto il sistema e questo potrà richiedere un tempo di adattamento necessario agli altri elementi di un sistema (in questo caso i figli), ma se l’obiettivo è funzionale a tutti alla fine sarà inevitabile.
È un obiettivo possibile oppure sto inseguendo una chimera?
Questo aspetto è molto importante ed a completamento del precedente, i problemi all’interno di una famiglia possono essere di infinite tipologie quante se ne possano immaginare, ma quello che conta è che l’obiettivo possa essere sostenibile per tutti.
In quanto tempo mi impegno a raggiungerlo?
Fissare un tempo mette in conto anche le possibili frustrazioni che possono incontrarsi nel processo, sperare di poter risolvere dinamiche consolidate in anni in qualche giorno è un’ottima modalità per mollare alla prima difficoltà.
LA FAMIGLIA TRAMPOLINO
La famiglia trampolino è una condizione dove i figli vengono sostenuti ma non depauperati della loro individualità, dove possono esprimersi, interagire ed essere parte attiva al sistema inter-relazionale familiare.
Lo scambio e l’arricchimento è reciproco.
I genitori sono un riferimento solido ma non si sostituiscono ai figli. Sospingono il figlio verso il futuro con flessibilità. Il sistema è flessibile e in continua evoluzione.
Il dialogo è uno strumento della relazione che genera scoperta e condivisione.
La famiglia trampolino può sembrare un punto di arrivo, ma il suo senso è molto più ampio.
Quando si ha il cambiamento da una tipologia all’altra di famiglia: RETE—>TRAMPOLINO si può avere l’illusione di avercela fatta, di aver risolto tutti i problemi con i propri figli, che da quel momento in poi si vivrà per sempre in un’oasi felice dove splende sempre il sole, e questo è possibile, ma solo se si è compreso che la vita è in continuo CAMBIAMENTO e che i problemi e le difficoltà fanno parte della condizione umana, quello che farà la differenza è che di fronte a una nuova difficoltà la si affronti con le nuove consapevolezze e modalità acquisite.
“Non è ciò che ti accade ma come reagisci che ha importanza” Epitteto.
Autrice
Katia Todisco, NLP Coach, Counsel-Coach Strategico