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Il Diritto di Comunicazione

All’interno del più ampio diritto di comunicazione possiamo ritrovare diversi diritti compresi, come: il diritto all’espressione, il diritto al dialogo, il diritto all’ascolto, ovvero tutti i vari aspetti attraverso cui si manifesta la comunicazione e che devono essere garantiti e tutelati perché siano strumenti attraverso i quali avvenga una comunicazione armonica e rispettosa dei soggetti che la pongono in essere, comprendendo tra i soggetti il bambino-adolescente, in qualità di portatore di diritti e soggetto attivo nell’espressione del suo Sé.

La Convenzione del 1989, sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, riconosce negli articoli 12 e 13 il diritto dei bambini di esprimere la loro opinione liberamente, esattamente come gli adulti.

L’art.12 della Convenzione enuncia: Gli Stati parti garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa, le opinioni del fanciullo essendo debitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità. A tal fine, si darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale.”

L’art. 13, I° comma dichiara: Il fanciullo ha diritto alla libertà di espressione. Questo diritto comprende la libertà di ricercare, di ricevere e di divulgare informazioni ed idee di ogni specie, indipendentemente dalle frontiere, sotto forma orale, scritta, stampata o artistica, o con ogni altro mezzo a scelta del fanciullo.

Non si parla, quindi, del fanciullo come un soggetto che in forma passiva subisce le comunicazioni degli adulti, ma come un soggetto che in forma attiva può e deve interagire per creare delle proposte comunicative o modificare-amplificare quelle che gli si presentano.

La libertà di esprimersi è strettamente connessa alla libertà di pensiero che è indispensabile per permettere agli uomini di sviluppare ed esprimere il proprio Sé. Lo stesso art. 21 della Costituzione sancisce al primo comma: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.

Capire l’importanza del diritto all’espressione è riconoscere la fondamentale valenza che può avere per uno sano sviluppo dell’essere umano, in quanto esprimersi consente di non trattenere ciò che si ha dentro; di poter osservare e manifestare ciò che si sente; di formulare, quindi, liberamente un proprio pensiero e di imparare ad “accogliere” ciò che si percepisce dentro di sé. Non si può definire solo un diritto tutelato e garantito dalle leggi scritte, ma è un diritto da considerare insito-naturale dell’essere umano e come tale va rispettato.  Esprimersi è frutto del proprio essere come persona e serve per soddisfare la necessità di potersi manifestare. Al fine proprio di non ostacolare lo sviluppo e il riconoscimento dell’identità del bambino, bisogna quindi consentirgli di esprimersi in libertà.

Nel diritto di comunicazione, oltre al diritto all’espressione, possiamo ritrovare il diritto al dialogo che racchiude al suo interno sia il diritto di ascoltare che di parlare.

Il dialogo è sempre più scomparso negli ultimi decenni a causa sia dei mass media, come la televisione che porta ad essere meri soggetti passivi della realtà, sia dell’utilizzo sempre più costante, che viene fatto sin da giovane età, dei telefonini, maggiormente finalizzato ad  isolarsi dal mondo esterno.

Ritornare a dialogare in famiglia è di fondamentale importanza per re-imparare a comunicare (dal latino communicare, ovvero condividere, rendere comune) e ad ascoltare, in quanto l’ascolto va visto come un disporsi verso l’altro, un “tendere verso”, un ascoltare attivamente; imparare a saper aspettare ed essere presenti.

Il dialogo è un’esperienza partecipativa e circolare che richiede venga espletata nella forma più appropriata. Deve presentarsi come una forma di accoglienza, dove non avviene una mera esecuzione dialettica vicendevole dei propri pensieri ma ci si apre alla comprensione reciproca, a nuove eventuali prospettive inedite, alla fiducia e al non giudizio. Il dialogo è crescita che si compie nel procedere insieme. E che manifesta, oltre la possibilità di poter comunicare, la possibilità, appunto, di affinare l’ascolto, un altro diritto da ritenersi fondamentale nell’ambito della comunicazione. Il diritto all’ascolto del bambino non è solo il diritto di ascoltare, ovvero la capacità e possibilità del bambino di stare in ascolto, essere partecipe del “dialogo tra adulti”, avere un tempo dedicato ad esercitarsi a “sentire” cosa risuona dentro di sé di quello che gli arriva, per poterlo elaborare, confrontarlo, ampliarlo con il proprio sentire, ma è anche il diritto ad essere ascoltato e, quindi, si rifà al diritto, sopra citato, di potersi liberamente esprimere, aggiungendo che quello che esprime possa e debba essere accolto.

L’ascolto del minore ovvero il diritto ad essere ascoltato è divenuto un diritto soggettivo assoluto del minore, in quanto il minore è rappresentato come protagonista nei procedimenti civili che hanno ad  oggetto il diritto di  famiglia.

Ai sensi dell’art. 315 bis c.c., per esempio, il minore ha diritto a prendere parte ai procedimenti che lo riguardano ed essere ascoltato, così da poter esprimere il proprio punto di vista su decisioni che lo coinvolgono. Il minore, quindi, in ambito giuridico ha acquisito il ruolo di soggetto capace di comprendere i fatti, le circostanze che lo coinvolgono e di potersi esprimere con la propria consapevolezza.

Anche la Cassazione si è pronunciata tante volte sull’importanza delle opinioni di un minore:  “l’ascolto deve svolgersi nei modi tali da garantire l’esercizio effettivo del diritto di esprimere liberamente la propria opinione con tutte le cautele e le modalità atte ad evitare incertezze, turbamenti e condizionamenti ivi compresa la facoltà di vietare l’interlocuzione con i genitori e/o con i difensori nonché di sentire il minore da solo.”(Cass. sez. I  (05/03/2014 n. 5097).

Se notiamo la valenza che può avere in determinati ambiti, non possiamo non riconoscere la necessità  che il diritto di comunicazione debba essere garantito nella quotidianità.

Come potrà un bambino pensare di sentirsi ascoltato se non è abituato ad essere ascoltato?

Come potrà un bambino esprimersi liberamente nel momento in cui è chiamato a farlo se non è abituato a esprimersi liberamente nella sua quotidianità?

Quale sarà il suo pensiero se non è abituato a formulare e riconoscere un proprio pensiero, se non è abituato a “sentire” fuori e dentro di Sé?

Interrogativi che è importante porsi per poter ricollocare la comunicazione nel suo ambito corretto, ovvero come una legge della natura da tutelare e rispettare, per garantire uno sviluppo sano e completo della propria Essenza.

Autrice

Giuliana Cittanti, Dott.ssa in Giurisprudenza, Formatrice Metodo Summa Aurea®

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