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La relazione genitori-bambino, strumento di sviluppo neuropsicomotorio e apprendimento

Cassetta degli attrezzi: per sentire il proprio figlio e aiutarlo nel suo percorso di unicità.

La scelta di avere un figlio, anche nell’uomo, fa parte della conservazione della specie, come negli animali, ma è anche un processo spirituale per coloro che sono chiamati a fare i genitori. Quando l’essere umano si incammina lungo questo viaggio ha bisogno di una piccola cassetta degli attrezzi da portarsi sempre a presso affinché sia più semplice la sua missione, evitando gli attaccamenti e favorendo nel bambino uno sviluppo all’insegna della sua unicità.

In molte tradizioni antiche è nell’atto respiratorio che Dio crea il mondo ed è così che un essere umano entra nella vita terrena, è il respiro, che rappresenta un’espansione di sé, espirazione, per poi tornare a sé, inspirazione. Attraverso la respirazione prendiamo contatto con il mondo, con gli odori si inizia l’osservazione dell’ambiente esterno. L’apparato olfattivo infatti è il primo a svilupparsi nel grembo materno così che alla nascita è già pronto all’uso, per favorire l’attenzione e iniziare l’apprendimento.

Non è un caso che l’osservazione della respirazione è il primo strumento che viene insegnato quando ci si approccia a un corso di meditazione e di crescita personale.

Come genitori una delle prime attività da mettere in pratica è proprio l’osservazione del proprio respiro, per portare attenzione a sé, al proprio stato d’animo e di conseguenza osservare con il giusto distacco. Sin nel ventre materno l’attenzione che la mamma mette al suo respiro provoca un senso di pace e tranquillità non solo a sé, ma al feto stesso e una maggiore sensazione di unione tra entrambi. A questo si può aggiungere il padre, appoggiando la mano sul ventre materno, si unisce così alla madre portando anch’esso l’attenzione alla sua respirazione sino a creare un’unione a tre, una relazione, un primo contatto.

Nella cassetta, l’attenzione alla respirazione è sicuramente il primo attrezzo da inserire.

L’altro strumento fondamentale, che si unisce all’attenzione sul respiro, è il toccare con attenzione. Il cucciolo di uomo nei primi mesi della sua vita vive grazie al contatto continuo con il genitore per cui è proprio il tatto uno degli strumenti che possiede per sperimentare i propri confini, percepire l’altro distinto da sé. La vista, il senso per eccellenza nell’uomo adulto, nel neonato permette solo di percepire l’intensità della luce e l’assenza di essa. Infatti gli oggetti non sono distinti e così viene attratto solo da forti contrasti, come i canovacci della cucina a strisce bianche e blu.

Ritornando all’esperienza dell’attenzione del respiro, ora che il bimbo è nato, è possibile aggiungere l’elemento tatto: il genitore può poggiare la propria mano sul torace o la schiena o il ventre del neonato e seguire la sua respirazione. Può osservare come questa si fa più regolare e profonda e l’attenzione del bimbo si attiva, si focalizza sulla zona toccata. Potrebbe appoggiare il bimbo sulla propria pancia e respirare assieme. Infatti se si aggiunge l’attenzione verso il proprio respiro si ricrea quell’unione che il bambino ha già sperimentato in precedenza nel grembo materno.

La respirazione e il tocco sono due strumenti che rientrano tra quelli indispensabili per attivare l’attenzione, elemento cardine di tutti gli apprendimenti, che porterà poi alla consapevolezza e alla capacità di discernimento. Toccare le varie parti delle sue braccia e delle sue gambe, mentre si muove, con un tocco delicato, gentile, ma deciso, permette al bimbo di percepire i suoi movimenti e facilitare la consapevolezza delle sue parti in movimento, creando connessioni tra le varie parti del corpo con il cervello e la percezione con il cuore.

Rimanendo nell’abito dell’attenzione ecco altri due elementi: la lentezza e la delicatezza. Introdurre sin da subito questi due elementi nelle azioni della vita quotidiana con il bambino ha dei risvolti incredibili. Pensate, per esempio, come un cambio di pannolino fatto con delicatezza e lentezza, abbinato a un tocco attento dei singoli segmenti delle gambe, magari aggiungendo dei delicati piegamenti di coscia, gamba e piede, gli permettono di sentirsi, di differenziare il movimento del suo corpo e facilitare la creazione di connessioni tra neuroni al livello cerebrale in un ambiente piacevole, sereno.

La delicatezza è legata al cuore, alla capacità di svolgere un’azione, un processo cognitivo senza l’aggiunta emotiva disturbante sia essa in senso negativo o positivo. Toccare con gentilezza, delicatezza presuppone uno stato d’animo di pace e serenità legata al qui ed ora, al “io e il mio bambino”, distante, quindi, sia dalla fretta, dall’ansia, magari perché ci sono tante cose da fare, sia dall’euforia, dall’eccitazione. Sperimentate, provate a svolgere una qualsiasi attività, come per esempio sollevare un oggetto, tagliare un frutto, mettendo delicatezza e scoprirete che è possibile ridurre la forza, la tensione muscolare, non solo nel braccio, ma nell’intero corpo. Divertendovi a sperimentare la delicatezza sentirete il corpo più rilassato e l’attenzione al fare aumentare.

Cos’è invece la lentezza? Rallentate nel masticare o nel fare una qualsiasi azione che conoscete e osservate cosa succede. Potreste fare qualcosa di nuovo, mai fatto prima, velocemente? Impossibile! È la lentezza la componente fondamentale dell’apprendimento, ecco perché va rispettata e fatta sperimentare al proprio bimbo lungo tutto il suo percorso di crescita. Facendo lentamente si creano le connessioni cuore, cervello e corpo, si uniscono assieme dei movimenti che poi divengono azioni, siano essi motori e o processi cognitivi. La velocità avverrà in seguito, quando tramite la lentezza abbiamo incamerato abbastanza esperienza per lasciare il posto alla velocizzazione del processo. Attenzione però a distinguere la velocità dalla fretta, quest’ultima porta in sé un elemento emozionale che disturba l’esecuzione veloce e può provocare ansia da prestazione e ne risente la qualità dell’azione stessa, sia essa di pensiero o motoria.

Ed ora torniamo al senso di unità degli esempi da sperimentare fatti in precedenza, relativi all’osservazione della respirazione. La dimensione che si crea con l’attenzione nell’adulto è uno stato d’animo neutro, di apertura, di possibilità, ma anche di serenità, di gioia non legato alle emozioni che sono delle alterazioni che “scombinano”, tolgono la presenza e portano nelle aspettative, nelle paure, nel passato o nel futuro. L’ambiente che creiamo con l’attenzione è sereno, gioioso e non necessita di gratificazioni verso il proprio piccolo come l’affermazione “bravo!” o gli applausi per ogni nuovo obiettivo raggiunto, che invece possono indurre al fare con l’aspettativa, per riceve il premio piuttosto che trovare dentro di sé l’appagamento, la spinta per il fare. Questa serenità dell’ambiente per osmosi si trasferisce al bimbo lasciandogli possibilità di intuizione e immaginazione e favorendo un crescere in serenità interiore. Si crea un binomio: sperimentare il mondo e benessere esteriore e interiore che crea spazio all’agire e alle variazioni.

Ed ecco un altro strumento importante: le variazioni. È indispensabile dare al bambino la possibilità di sperimentare variazioni affinché possa trovare vari modi per fare una data cosa.

Pensiamo al camminare e quante informazioni in più può avere se cammina scalzo sul pavimento di casa, sulla sabbia, sull’asfalto che scotta, sull’erbetta del giardino, sui sassi, in salita in discesa o come ci si può divertire con lui cambiando il tono di voce, alzando e abbassando il volume, facendo le “vocette strane”. Le variazioni sono anche fare una strada sempre diversa per rientrare a casa, assaggiare cibi diversi o cucinati in diversi modi e riproporli ogni tanto per abituare il palato a gusti sempre diversi. La capacità di accettare le variazioni apre alla relazione con l’altro che per quanto simile è sempre unico e quindi diverso da noi.

Le variazioni facilitano l’apprendimento che diventa così personalizzato e con obiettivi flessibili, dove l’errore non è da castigare, ma da accogliere come ciò che è: un’esperienza. Perché l’esperienza è priva di giudizio. È infatti questo atteggiamento che favorisce la flessibilità e la ricerca di nuove modalità di azione. Ogni essere umano trova diverse strategie per raggiungere un obiettivo, alcune volte le differenze sono semplici sfumature, altre volte queste sono molto più grandi. Le differenze sono l’espressione delle diverse caratteristiche personali, dell’essenza di ogni essere umano, oltre che dettate dall’età ed è fondamentale rispettarle perché così si rispetta la propria unicità. La flessibilità negli obiettivi è di fondamentale importanza soprattutto davanti a bambini con delle difficoltà siano esse piccole o molto grandi, perché li spinge a non “passivizzarsi” dietro il sostituirsi a loro che il genitore è spesso portato a fare. La volontà di agire si crea nel bambino quando noi ci liberiamo dal concetto che per raggiungere un obiettivo ci sia un solo modo, invece è bene mettere uno spazio-tempo tra il suo agire e il nostro aiuto.

Aiutare infatti è un’attesa attenta e serena nello spazio e nel tempo per eventualmente attivarsi nel facilitare il bimbo nella sua strategia, ma dove il protagonista dell’azione rimane comunque e sempre lui. Per facilitare è indispensabile l’osservazione e ritorniamo al nostro respiro!

Davanti a bambini con bisogni speciali l’osservazione gioca un ruolo importantissimo. Un’osservazione priva di giudizio, lontana dal giusto e dallo sbagliato, dall’idea del dover aggiustare qualcosa che è rotto. Il bambino non è rotto. Ecco perché diventa fondamentale osservarlo in ogni sua piccola sfumatura, espressione, movimento per cogliere la sua volontà di interagire col mondo e la sua modalità nel farlo che altrimenti verrebbe limitata dall’idea rigida, invariabile che ci siamo fatti di lui o meglio dei suoi limiti. Limiti che diventano la personificazione del proprio bimbo. Ecco come gli insuccessi diventano dei tentativi di trovare delle soluzioni e la facilitazione diventa non un correggere o un aggiustare ma un sorreggere nella via che il bimbo vuole seguire nel fare tentativi per uscire dal limite e arrivare verso degli obiettivi che cambiano in funzione del bimbo.

Questi piccoli strumenti, l’attenzione, il respiro, il tocco, la delicatezza e la lentezza, le variazioni, la flessibilità degli obiettivi, applicandoli partendo da noi ci portano al discernimento, alla scelta e quindi alla consapevolezza di ciò che vogliamo e facciamo. Ci aiutano ad avere consapevolezza del nostro stato d’animo e così l’esperienza del proprio bambino diventa anch’essa di qualità, con attenzione e serenità lo porta alla consapevolezza dell’agire, sempre più libero dagli automatismi che il cervello cerca di imporre. La consapevolezza, che viene dal cuore, fa crescere nel bambino la capacità di scegliere la bellezza e lo avvicina al suo sé interiore e all’unione con l’altro e con Dio stesso.

Autrice

Caterina Murgia, Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva (TNPEE), Operatrice Medicina Integrativa Informazionale Livello Base secondo il Metodo Summa Aurea®

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